Ciao! Mi chiamo Daniele, sono un semplice studente che ha deciso di lasciare la propria “comfort zone” famigliare per cercare una realtà differente da quella che vivevo ogni giorno.
Prima di iniziare, vorrei dirti che se stai leggendo questo post perché sei ancora riluttante nel prendere la decisione di partire o meno per il tuo primo progetto Erasmus, sono qui chiarirti le idee raccontandoti la mia storia.
Sinceramente non saprei come spiegarlo, se mi avessero detto che subito dopo il conseguimento del mio diploma sarei partito per Providenciales, un’isola del mar dei Caraibi, nuotato libero in una delle barriere coralline più belle del mondo, dormito sotto una palma con un cocco fresco in una calda giornata di dicembre oppure chiamato “famiglia” persone che fino a poco prima erano semplici compagni di viaggio, probabilmente non ci avrei creduto.
E se mi avessero detto che sarei riuscito ad apprendere così tanto da una cultura anni luce distante dalla nostra li avrei presi sicuramente per pazzi.
Invece, è successo davvero!
Vorrei iniziare dalla partenza, secondo me è il momento più duro ed emozionante del viaggio, partire con la consapevolezza di non rivedere più la tua famiglia per un lungo periodo non è facile, ma sopratutto non è facile partire senza conoscere con esattezza la destinazione, essere proiettati a 360° in un nuovo ambiente, con persone, tradizioni e lingue differenti, non è del tutto rassicurante. Specie alla nostra età.
Infatti una volta arrivato mi sentivo smarrito, forse era per colpa del jet lag che rendeva difficile anche l’orientamento, ma il desiderio di conoscere e l’animo da sognatore riuscirono a sovrastare tutti gli altri sentimenti.
Ricordo che appena uscito dall'aeroporto il tassista ci disse: “Welcome to paradise guys”, sinceramente mi venne un sorriso così spontaneo che me ne accorsi soltanto dopo, quando vidi il mio viso riflesso dal finestrino dell’auto.
Da quel momento in poi fu un escalation di episodi e situazioni che fin da subito riuscirono a cambiare radicalmente il mio modo di pensare e “giudicare” il prossimo.
Iniziai a conoscere decine e decine di persone differenti, provenienti da tutto il mondo ma sopratutto con ideologie e credenze politiche, religiose e sociali differenti.
Ovviamente l’ostacolo della lingua si faceva sentire, unito a quella normale timidezza che riusciva a creare dei momenti di silenzio davvero imbarazzanti.
Con il tempo questi momenti iniziarono a svanire, anzi, adesso che ci ripenso sarebbe stato meglio se qualche volta fossimo stati zitti, ma ogni giorno avevamo moltissime cose da raccontarci e da paragonare con le nostre culture.
Ogni mattina, per tutta la durata della mia esperienza mi alzavo con l’intento di trasformare quelle semplici 24 ore in momenti unici, lo scopo era quello di tornare a casa con la consapevolezza di non aver alcun tipo di risentimento.
Le serate in spiaggia con i miei compagni, i karaoke più stonati della mia vita e le tentate imitazioni dei balli tradizionali del luogo, sono ricordi che rimarranno per sempre impressi nel mio cuore, a ritmo di quella musica tradizionale tanto affascinante quanto diversa dalla nostra.
Vorrei anche ricordare tutte le futili litigate che facevamo per chi dovesse lavare i piatti o il pavimento, oppure di chi fosse il turno per andare a buttare la spazzatura.
Ma adesso riflettendoci, capisco che erano quelli i veri momenti di crescita che riuscirono a creare il distacco reale tra il pensiero di un adolescente e quello di un adulto, sopratutto quando avresti voluto una figura di riferimento al tuo fianco in quelle circostanze buie ma più che normali.
E grazie a quelle stesse situazioni, tanto brutte quanto utili, riuscirono a farmi capire che era arrivato il momento di reagire e di poter contare solo su me stesso per crescere e superare le mie prime difficoltà.
Non ti nascondo che una volta superato il primo mese dall'arrivo tutti gli altri volano ad una velocità incredibile, infatti quando ormai mi ritrovai al punto di chiamare “casa” un posto che inizialmente non mi apparteneva, era giunta l’ora di andarsene.
Come la partenza anche il ritorno è un momento davvero difficile e colmo di emozioni, perché stavolta si ha la piena consapevolezza della destinazione finale e sai anche perfettamente cosa e sopratutto chi stai per lasciare.
Io me ne resi conto solo una volta arrivato in aeroporto e quando mi ritrovai a bordo dell’aereo che mi avrebbe riportato a casa, ricordo che fissai attentamente il sole, stava lentamente tramontando all'orizzonte dell’Oceano Atlantico e presto avrebbe segnando la fine di quel viaggio.
Ma mentre ero lì a fissarlo, solo e avvolto dalla malinconia, mi accorsi che quello stesso sole tanto propenso a tramontare non ci sarebbe riuscito così facilmente, perché lo stavamo letteralmente inseguendo con l’aeromobile.
Così capii che non era la fine del mio viaggio, ma solo l’inizio di un altro.
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